Il Mondo Che Vogliamo by Carola Rackete

Il Mondo Che Vogliamo by Carola Rackete

autore:Carola Rackete [Rackete, Carola]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biografie
ISBN: 9788811813583
Google: YQm4DwAAQBAJ
Goodreads: 48507576
editore: Garzanti
pubblicato: 2019-11-02T23:00:00+00:00


4. METTERE IN DISCUSSIONE IL SISTEMA

Strizzo gli occhi al sole. Quando finalmente usciamo dall’ufficio della Guardia di finanza sono quasi le otto. Ora i miei dati devono essere registrati, e verrà fatta una foto per i documenti.

L’ufficio della polizia per la schedatura si trova nel campo profughi, guidiamo solo pochi minuti, l’isola è piccola. Spero che dopo la sessione fotografica mi portino direttamente all’abitazione dove dovrò rimanere fino all’udienza.

Di fronte all’ingresso del campo alcuni dei nostri ospiti sono seduti sulle scale. Appena mi vedono applaudono: mi fermo accanto a loro per un momento. Quindi, nel frattempo, hanno veramente fatto scendere le persone dalla nave.

Vedo quanto sono stanchi e preoccupati, e mi rendo conto dell’incertezza della loro situazione qui. Potrebbe volerci molto tempo prima che capiscano dove verranno portati, quale paese li accoglierà. Il fatto che siano riusciti ad arrivare in Europa non significa che possano restare. Forse il viaggio difficilissimo e la paura di morire in mare sono stati vani. Mi consolo con l’idea che perlomeno sono fuori dalla Libia. Uno dei funzionari con cui sono venuta, un uomo robusto e calvo che mi precede, mi fa un cenno con la testa e tiene aperta la porta di vetro.

Salgo i pochi gradini ed entro nell’edificio, dove fa solo leggermente più fresco che fuori; si sente un po’ di odore di muffa e di detergente.

Il poliziotto mi conduce lungo un corridoio dove ci sono diverse porte di uffici. Sembra tutto sterilizzato, anche se nell’angolo c’è un bidone della spazzatura che trabocca.

L’uomo apre una delle porte verde pallido.

Foto di riconoscimento, impronte digitali, la procedura è abbastanza lenta. Quando abbiamo finito, prendiamo dagli uffici della Guardia di finanza il mio zaino, che qualcuno dell’equipaggio ha preparato per me, poi mi portano in auto in una piccola casa dai muri bianchi. Una donna mi riceve e mi assegna una stanza.

Un’ora più tardi, dopo aver fatto la doccia, mi sdraio sul letto fra le lenzuola fresche; dalle tende penetrano i raggi del sole, tracciano una linea netta contro la parete, come in una foto.

“Merda”, penso. “La missione ora è finita e non posso tornare sulla nave. Avevo promesso all’equipaggio che avremmo discusso insieme di come è andata la missione, ma adesso dovranno fare a meno di me.”

Mi sembra di venire meno a una promessa. Infine i miei occhi si chiudono per lo sfinimento, e subito dopo mi addormento.

Mi risveglio nel tardo pomeriggio.

Scostando una tenda di perline di vetro colorato entro nel giardino, dove fioriscono orchidee e buganvillee: un sentiero di pietre piatte, decorato da vasi di palme, conduce a un tavolo di ferro battuto con il piano in vetro. Lì siede la donna che mi ha accolto.

Una lucertola che sta prendendo il sole su una pietra sfreccia via quando mi avvicino al tavolo.

La donna alza lo sguardo dal suo giornale.

«Caffè?» mi chiede. Ma al pensiero, il mio stomaco si contrae. Ieri sera ho bevuto abbastanza caffè.

«Acqua, per favore.»

Parla un buon inglese e sono contenta di non dovermi sforzare per farmi capire da lei.

La donna mi dice che qualcuno della Sea-Watch in paese le ha consegnato del cibo mentre facevo la doccia.



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